APPALTO PRIVATO - CONTRATTI - Trib. Milano Sez. VII, Sentenza 19-01-2018

APPALTO PRIVATO - CONTRATTI - Trib. Milano Sez. VII,  Sentenza 19-01-2018

In materia di appalto ai fini dell'operatività della responsabilità prevista dall'art. 1669 c.c., riveste la qualità di costruttore- venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante l'equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l'assenza di profitto della cooperativa.

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

SETTIMA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa Francesca Vullo

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 9489/2012 promossa da:

M.P. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. LANDRO DEBORAH, elettivamente domiciliato in VIA PACINOTTI, 8 20155 MILANO presso il difensore avv. LANDRO DEBORAH

A.P. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. LANDRO DEBORAH, elettivamente domiciliato in VIA PACINOTTI, 8 20155 MILANO presso il difensore avv. LANDRO DEBORAH

ATTORI

contro

L.F.L. - SOCIETA' SOOPERATIVA IN LIQUIDAZIONE (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. MARTIRE FABIO ((...)) CORSO MAGENTA, 29 25121 BRESCIA; , elettivamente domiciliato in CORSO VERCELLI, 9 20144 MILANO presso il difensore avv. RANDAZZO ALBERTO

CONVENUTO

D.U.A. S.P.A. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. IACOVIELLO MONICA elettivamente domiciliato in Via Barozzi, 1 20122 MILANO presso il difensore avv. IACOVIELLO MONICA

A.P. SPA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. SCHIAFFINO LAURA e dell'avv. SILVIOLI FRANCESCA ((...)) CORSO CAVOUR, 27 25121 BRESCIA; elettivamente domiciliato in Viale Monza, 101 20126 MILANO presso il difensore avv. SCHIAFFINO LAURA

E.B. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. CASCINI RAFFAELLA LUCIANA e dell'avv., elettivamente domiciliato in VIALE BEATRICE D'ESTE, 14 20122 MILANO presso il difensore avv. CASCINI RAFFAELLA LUCIANA

E.T. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. CASCINI RAFFAELLA LUCIANA e dell'avv., elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv. CASCINI RAFFAELLA LUCIANA

C.T. (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. CASCINI RAFFAELLA LUCIANA e dell'avv., elettivamente domiciliato in VIALE BEATRICE D'ESTE, 14 20122 MILANO presso il difensore avv. CASCINI RAFFAELLA LUCIANA

S.B. SPA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. FERRANTE FABIO, elettivamente domiciliato in PIAZZA VELASCA 5 MILANO presso il difensore avv. FERRANTE FABIO

U.A. SPA (C.F. (...)), con il patrocinio dell'avv. PALTRINIERI VINCENZO, elettivamente domiciliato in VIA GOLDONI, 1 20129 MILANO presso il difensore avv. PALTRINIERI VINCENZO

TERZI CHIAMATI

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

La presente motivazione viene redatta in conformità al criterio di sinteticità cui devono ispirarsi gli atti e i provvedimenti del giudice depositati telematicamente (ai sensi dell'art. 16-bis, comma 9-octies, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 come modificato dall'art. 19, comma 1, lett. a), n. 2-ter), D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito,con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132).

I signori A.P. e M.P. hanno convenuto in giudizio la cooperativa "L.F.L.", in qualità di costruttore venditore dell'immobile da loro acquistato, lamentando la presenza di gravi vizi e i difetti nell'unità immobiliare e ne hanno chiesto la condanna, ex artt. 1669, 2043 c.c., alla eliminazione con esecuzione diretta a norma dell'art. 2058c.c. o, in subordine, al risarcimento dei costi di ripristino.

La convenuta ha contestato di essere costruttore dell'immobile e la gravità dei vizi lamentati nonché ha eccepito la decadenza e la prescrizione annuale a norma dell'art. 1669 c.c.. Ha inoltre richiesto l'autorizzazione a chiamare in causa la D.A. spa, l'impresa appaltatrice A.P. spa, e il direttore dei lavori Arch. L.T. chiedendo di essere tenuta indenne da terzi chiamati in caso di accoglimento della domanda attorea.

L'arch. T., oltre ad associarsi alla eccezione di decadenza e prescrizione formulata dalla convenuta, ha allegato di essere dipendente del Centro Studi L.F. e di essersi uniformato alle direttive a lui impartite dalla propria datrice di lavoro. Ha poi esteso il contraddittorio alla propria assicurazione, la U.A. spa, contro la quale ha formulato domanda di manleva.

A.P. spa in liquidazione e in C.P. ha eccepito la decadenza e prescrizione dell'azione proposta dagli attori e dalla convenuta, la non riferibilità dei vizi alla propria opera ed ha chiamato in garanzia la propria impresa assicuratrice la A.E. spa.

D.A. spa, U.A. spa, S.B. spa, già A.E. spa, si sono costituite in giudizio.

Nella memoria ex art. 183 co 6 n. 1 c.p.c., gli attori hanno esteso la loro domanda nei confronti dei terzi chiamati.

Disposta la ctu, a seguito dell'interruzione del giudizio per morte dell'arch. T., il giudizio è stato riassunto dagli attori nei confronti delle parti originarie e degli eredi T..

Le questioni in fatto e in diritto oggetto del contenzioso sono esaminate nei paragrafi che seguono.

1) Sulle eccezioni preliminari di difetto di legittimazione passiva, decadenza e prescrizione Le eccezioni formulate dalla convenuta sono infondate.

Deve farsi applicazione del principio in base al quale "Ai fini dell'applicazione del regime di responsabilità previsto dall'art. 1669 cod. civ., riveste la qualità di costruttore- venditore la cooperativa edilizia che ha assegnato ai soci prenotatari unità immobiliari di un complesso condominiale, realizzandosi, in tal caso, un trasferimento della proprietà a titolo oneroso, nonostante l'equivalenza del corrispettivo al prezzo della costruzione e l'assenza di profitto della cooperativa". (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12675 del 05/06/2014) . Non ha pertanto alcun rilievo quanto dedotto dalla Cooperativa convenuta circa il proprio ruolo di mera assegnataria delle unità immobiliari ai propri soci, non essendo tale elemento dirimente per escludere l'assunzione della qualità di costruttore venditore, dovendo piuttosto verificarsi se la cooperativa abbia comunque mantenuto un controllo sull'operato dell'appaltatore, anche tramite un tecnico all'uopo incaricato quale direttore dei lavori. Come affermano i giudici di legittimità nella sentenza citata, "non può negarsi che il controllo esercitato dal committente tramite il direttore dei lavori sia tale da ricondurre, di regola, anche a omissioni di quest'ultimo (per mancati controlli, trascuratezze, etc.) il verificarsi di danni, rovina o malfunzionamenti derivati dall'esecuzione dell'opera affidata all'appaltatore.

Il committente in tutte queste ipotesi risponde quindi verso il terzo acquirente della rovina o dei gravi difetti che sono in qualche modo anche a lui riferibili".

Nella specie è pacifico che la Cooperativa si sia avvalsa dell'attività professionale svolta dall'Arch. T. per verificare l'andamento e il corretto svolgimento dei lavori. La convenuta ha assunto pertanto la qualità di costruttore venditore ed è, conseguentemente, chiamata a rispondere, ove esistenti, dei gravi vizi e difetti dell'immobile a norma dell'art. 1669 c.c..

Quanto alla eccezione di decadenza, è documentato che, a seguito delle denunce inoltrate dagli attori (docc. 3, 4 e 6 att.), la Cooperativa L.F. abbia disposto interventi ripetuti nell'edificio nel tentativo di eliminare i vizi denunciati (doc. 7 att.).

Queste attività devono interpretarsi quali riconoscimenti dei vizi che esonerano il danneggiato dalla denuncia.

In tal senso si è pronunciata la Suprema Corte la quale afferma "In tema di riconoscimento dei vizi dell'opera da parte dell'appaltatore, l'art. 1667 cod. civ. (applicabile, "in parte qua", anche nel caso dei gravi difetti di cui all'art. 1669 c.c.), equipara, alla denuncia, il riconoscimento del vizio, pur se successivo al termine di decadenza stabilito per la denuncia stessa da parte dell'appaltante, con la conseguenza che quest'ultimo non perde il diritto alla garanzia, non essendo normativamente prescritto che l'uno debba avvenire entro il termine stabilito per l'altra". (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6682 del 23/05/2000; Sentenza n. 6263 del 20 aprile 2012). Né invero è necessario che al riconoscimento operato dall'appaltatore si accompagni una confessione atteso che "la denuncia del committente prescritta a pena di decadenza è superflua anche quando l'appaltatore, riconoscendo l'esistenza di vizi o difformità, contesti o neghi - come nel caso di specie, avendo egli imputato al fornitore la consegna di merce difettosa - di doverne rispondere". (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 27948 del 24/11/2008).

In conclusione il fatto che la Cooperativa sia intervenuta in loco ed abbia svolto opere di rimedio, seppur parziale, delle anomalie denunciate dagli attori, esonera questi ultimi dall'onere di dimostrare di avere trasmesso alla controparte una tempestiva denuncia dei vizi.

Anche il termine annuale di prescrizione risulta rispettato. Alla comunicazione datata 13.9.2010 della Cooperativa L.F. sottoscritta dall'Arch. T. ed avente come oggetto "opere di sistemazione del fabbricato" (doc. 7 cit.), seguiva l'atto di diffida e messa in mora trasmesso dal difensore degli attori a mezzo raccomandata, sia alla parte convenuta che all'appaltatore terzo chiamato in causa, in data 26.5.2011. Così interrotta la prescrizione, la citazione è stata tempestivamente notificata l'8.2.2012.

Gli attori sono invece decaduti dall'azione estesa ai terzi chiamati.

Riguardo all'impresa appaltatrice A.P. spa in C.P., in assenza di prova di una condotta riferibile all'appaltatore e interpretabile quale tacito riconoscimento dei vizi, la prima denuncia inoltrata dagli attori al terzo chiamato è costituita dalla diffida del 26.5.2011, tardiva, quanto meno con riferimento alle infiltrazioni nel box e alle macchie di umidità sui muri adiacenti gli infissi, in quanto ammaloramenti già denunciati alla convenuta con lettere del 31.1.2009, 21.5.2009 e del 11.9.2009 (docc. 4-6 att.).

Il termine annuale di decadenza non e stato osservato anche riguardo alla posizione del direttore dei lavori Arch. T., al quale non risulta essere stata indirizzata alcuna segnalazione. Né potrebbe obbiettarsi che l'Arch. T., sottoscrivendo la missiva del 13.9.2010, con la quale venivano comunicati gli interventi programmati dalla Cooperativa per eliminare i vizi segnalati dagli attori, abbia, nella sua veste di direttore dei lavori, implicitamente operato un riconoscimento dei vizi suddetti. Nella lettera, redatta su carta intestata della Cooperativa L.F., il DL illustra agli attori, non in proprio ma in nome e per conto della Cooperativa, "gli interventi che la Cooperativa intende attuare" (così doc. 7 cit.) per rimuovere i vizi. Le dichiarazioni ivi contenute sono pertanto attribuibili alla Cooperativa ma non al professionista.

L'eccezione di decadenza va dunque superata limitatamente alla posizione della convenuta e la domanda degli attori esaminata nel merito.

2) Sulla sussistenza dei gravi vizi e difetti

I vizi rilevati dal ctu, e correlabili ad una responsabilità della convenuta, non integrano gli estremi dei gravi difetti.

Si premette che vengono condivise e fatte proprie dal Giudice le conclusioni tecniche raggiunte nella relazione peritale del ctu, che ben possono costituire fonte di prova, quando si tratta di accertare fatti per i quali è necessario il possesso di specifiche cognizioni tecniche (ex multis Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6155 dei 13/03/2009).

Il ctu ha riscontrato:

-la presenza di umidità di risalita sulle murature perimetrali in corrispondenza della zoccolatura in pietra del marciapiede, che ricollega ad una non idonea esecuzione delle protezioni impermeabilizzanti (stesa di manto impermeabile o realizzazione di idonee sigillature) nel corso della esecuzione della pavimentazione esterna in porfido;

-il vespaio non areato a norma di legge per mancata osservanza delle dimensioni prescritte dalle norme tecniche delle aperture di ventilazione;

-ponti termici sulle mazzette del serramento del piano primo che ha ritenuto ammissibili nell'ambito della L. n. 10 del 1991, in vigore all'epoca di costruzione dell'immobile, e muffe in corrispondenza delle spallette delle finestre delle camere da letto al piano primo, riconducendone l'origine a una non corretta gestione degli ambienti;

-muffe diffuse sulla parete del vano sottotetto, reso accessibile dalla scala interna e utilizzato come deposito, dovute alla presenza in un ambiente non riscaldato, in cui le pareti non sono isolate termicamente, di aria calda e umida proveniente dalla botola di collegamento con l'ambiente sottostante; non ha rilevato infiltrazioni in atto dalla copertura del sottotetto sovrastante il box;

-disomogeneità della tinteggiatura sulle facciate e cavillature superficiali diffuse.

All'esito della ctu deve ritenersi che una parte degli ammaloramenti del fabbricato non sono eziologicamente conseguenti alla realizzazione dell'opus, bensì vanno correlati a una non adeguata gestione dei locali da parte degli attori.

Con riferimento ai rilievi critici sollevati dagli attori al ctu, in merito alla mancata esecuzione di prove distruttive e della verifica della stratigrafia, si osserva che, secondo quanto evidenziato dal ctu, è mancata la disponibilità degli attori (e non solo quella delle altri parti processuali) ad assumersi gli oneri economici dei saggi strumentali. Posto che in base all'art. 8 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie, gli attori avrebbero dovuto quanto meno manifestare la loro disponibilità a farsi carico delle spese degli ulteriori accertamenti richiesti di cui, peraltro, allegano l'indispensabilità. Va poi evidenziato che, con riferimento alla presenza dei ponti termici, il ctu è giunto alle proprie conclusioni utilizzando proprio i dati prodotti dal ctp dei proprietari in merito al grado di umidita presente nei locali, per cui le ulteriori rilevazioni richieste appaiono del tutto superflue.

Quanto alle lamentate infiltrazioni dalla copertura del sottotetto, si è accertato che nessuna percolazione, infiltrazione o bagnamento era in atto al momento del sopralluogo, nonostante le recenti precipitazioni. Conseguentemente l'assunto del ctp attoreo, secondo cui le muffe presenti nel sottotetto sarebbero da ricondursi alla posa della copertura, è rimasto sfornito di elementi di riscontro. Le conclusioni del ctu sull'origine del problema sono invece supportate da elementi oggettivi. Il vano in questione, privo di destinazione abitativa, non è dotato di riscaldamento e di isolamento termico. La botola aperta per consentire l'utilizzo del vano come deposito, ha comportato l'immissione di aria calda e umida proveniente dall'ambiente sottostante, che ha generato fenomeni di condensa sulle pareti del sottotetto. Di fronte a questa analisi dei luoghi condotta dal ctu, la difesa attorea si è limitata a ribadire la presenza di gravi infiltrazioni all'interno del box e nei locali abitati del piano terra e che il ctu avrebbe dovuto verificare il sistema di impermeabilizzazione usato dal costruttore dell'immobile. Considerato tuttavia che i sopralluoghi peritali non hanno dato evidenza dei fenomeni infiltrativi descritti dagli attori, gli ulteriori accertamenti richiesti e finalizzati alla ricerca di eventuali difetti esecutivi della copertura avrebbero avuto carattere suppletivo, non essendo emersi dagli accertamenti peritali elementi che potessero giustificare l'ipotesi sostenuta dal consulente dei signori P. e P..

Deve conseguentemente concludersi che le muffe presenti nell'immobile e nel sottotetto non sono imputabili ad una condotta del costruttore, in quanto manifestazioni eziologicamente da ricollegare ad una non corretta gestione degli ambienti da parte degli occupanti.

Gli altri vizi che il ctu imputa a errori esecutivi (umidità di risalita nella zoccolatura esterna e disomogeneità della tinteggiatura) o progettuali (vespaio) non si caratterizzano della gravità richiesta dall'art. 1669 c.c..

L'orientamento della giurisprudenza è ormai consolidato nel ritenere gravi tutte "quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19868 del 15/09/2009). Infatti "I gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall'art. 1669 c.c., non si identificano con i fenomeni che influiscono sulla staticità, durata e conservazione dell'edificio, espressamente previste dalla citata norma, ma possono consistere in tutte le alterazioni che, pur riguardando direttamente una parte dell'opera, incidano sulla struttura e funzionalità globale, menomando apprezzabilmente il godimento dell'opera medesima da parte di chi ha diritto di usarne" (Cass. 1982/4369).

Devono pertanto ritenersi gravi solo i vizi che siano tali da produrre una compromissione effettiva sull'utilizzo e sul godimento dell'immobile.

Nessuno dei vizi rilevati presenta queste caratteristiche. E' ben vero che la giurisprudenza qualifica come gravi le infiltrazioni e le macchie di umidità (cfr Cass. Sez. 2, Sentenza n. 84 del 03/01/2013) ed altresì le fessurazioni e i distacchi di intonaco della facciata, ma solo quando, per intensità e diffusività, sono tali da ridurre l'effettivo godimento dell'immobile. In questo caso, come si evince agevolmente dalle fotografie allegate all'atp dell' Ing. C., i fenomeni sono alquanto modesti.

Le macchie di umidità sulle murature perimetrali interessano delle zone esterne molto circoscritte e non risulta che si siano propagate all'interno dell'abitazione. Esse pertanto non possono essere definite una minaccia per la funzionalità dell'opera, non avendo avuto alcuna diffusione negli ambienti interni dell'abitazione.

Le disomogeneità della tinteggiatura della facciata e le cavillature costituiscono mere imperfezioni esecutive, che riducono la pregevolezza estetica dell'immobil,e ma che sono palesemente inidonee a comportare una sensibile compressione nel godimento del bene o ad incidere sulla sua funzionalità.

Anche il vespaio non correttamente areato non può definirsi un vizio rilevante sotto il profilo della responsabilita del costruttore disciplinata dall'art. 1669 c.c., in quanto, sulla base delle verifiche effettuate non si è riscontrata la presenza di fenomeni correlabili a tale inadeguatezza del vespaio. I vizi di realizzazione del vespaio vanno qualificati come gravi difetti solo se determinati infiltrazioni di acqua. Solo in tal caso infatti può affermarsi che il difetto comprometta la conservazione nel tempo dell'opera menomandone in modo apprezzabile le condizioni di godimento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3482 del 27/05/1981)

Considerato che l'accertamento peritale si è svolto a distanza di sette anni dalla edificazione dell'immobile, quindi in un lasso di tempo in cui ragionevolmente l'inadeguata areazione del vespaio avrebbe dovuto produrre fenomeni infiltrativi, la compromissione dell'utilizzo e del godimento dell'immobile come la durata nel tempo dell'opera sono pertanto meramente ipotetiche. Pertanto, considerato che la tutela prevista dall'art. 1669 c.c. ha matrice extracontrattuale, in assenza di un danno, manca uno dei presupposti per affermare la responsabilità del costruttore - venditore, fermo restando che tale difformità costruttiva, unitamente agli altri vizi non caratterizzati da gravità, avrebbe potuto essere fatta valere con le azioni ex empto.

Dovendo escludersi la gravità dei vizi lamentati non vi sono i presupposti per poter qualificare la domanda a norma dell'art. 2043 c.c., che trova applicazione solo ove non risulti applicabile la norma speciale di cui all'art. 1669 c.c. ma che comunque presuppone i gravi difetti della costruzione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1748 del 28/01/2005) oltre alla prova, a carico del danneggiato, della colpa e del dolo del danneggiante.

Per le ragioni esposte la domanda attorea non può essere accolta.

Le domande subordinate di garanzia risultano implicitamente assorbite dal tenore della decisione.

Passando all'esame delle domande di rifusione delle spese processuali, la soccombenza degli attori impone che a loro carico debbano essere poste le spese di lite sostenute dalla convenuta. Essi sono tenuti a rifondere le spese processuali anche agli altri soggetti evocati in giudizio, sia in virtù del principio di causalità che governa la regolamentazione delle spese di lite (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23552 del 10/11/2011) sia perché soccombenti in relazione alle domande che hanno esteso indifferentemente nei confronti di tutti i terzi chiamati. Tale principio trova un temperamento solo nell'ipotesi in cui la domanda proposta dal chiamante sia manifestamente infondata, nel qual caso deve ritenersi che "la palese infondatezza della domanda di garanzia proposta dal convenuto nei confronti del terzo chiamato comporta l'applicabilità del principio di soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra loro, anche quando l'attore sia, a sua volta, soccombente nei confronti del convenuto chiamante, atteso che quest ultimo sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale" (Cass. Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 10070 del 21/04/2017).

Mentre non può reputarsi manifestamente non fondata la domanda proposta nei confronti dell'Arch. T. e della D.A., alla luce della eccezione di decadenza sollevata da A.P. in Concordato, l'azione contrattuale di regresso svolta dalla Cooperativa nei confronti dell'appaltatore è palesemente infondata, non avendo la convenuta neppure allegato la prova di avere trasmesso denuncia tempestiva all'appaltatore entro il termine di sessanta giorni previsto dagli artt. 1667, 1670 c.c.

In conclusione gli attori devono essere condannati a rifondere integralmente le spese di giudizio sostenute da L.F.L., dall'arch. T., da U.A. spa e da D.A. spa.

Le spese processuali sostenute da A.P. in C.P. Spa, e dalla sua impresa assicuratrice chiamata in garanzia, la S.B. spa , a norma dell'art. 97 c.p.c., vanno poste a carico degli attori nella misura del 20% e a carico della convenuta per il rimanente 80%. Gli onorari e le spese di ctu come liquidati in corso di causa gravano a carico degli attori. Le spese di lite si liquidano come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, tenuto conto del valore indeterminabile di causa (scaglione medio da Euro 26.000-56.000).

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

a) rigetta le domande attoree;

b) rigetta ogni ulteriore domanda;

c) Condanna altresì la parte attrice a rimborsare alla parte convenuta L.F.L. scarl, a D.A. spa, agli Eredi dell'Arch. T. e a U. SAI, le spese di lite, che si liquidano come segue: L.F.L. in Euro 450,00 per spese, Euro 7.254,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%; Eredi T. Euro 7.254,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15 %; D.A. Euro 7.254,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%; U.A. Euro 7.254,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%; condanna attori e convenuta a rifondere ad A.P. in C.P. Spa, e S.B. spa le spese di lite rispettivamente nella misura del 20% e del 80% spese che si liquidano per l'intero e per ciascuna posizione in Euro 7.254,00 per compensi professionali, oltre i.v.a., c.p.a. e rimborso forfettario spese generali nella misura del 15%; Pone definitivamente a carico degli attori le spese di ctu come liquidate dal Giudice.

Così deciso in Milano, il 19 gennaio 2018.

Depositata in Cancelleria il 19 gennaio 2018.

 


Avv. Francesco Botta

Rimani aggiornato, seguici su Facebook